Eccoci arrivati a quel preciso momento dell’anno che più di ogni altro va naturalmente in accordo con le atmosfere sinistre e inquietanti tanto care a VDD🎃.
-Nei secoli, il nostro centro storico, ha fatto da sfondo a numerose credenze popolari e storie piuttosto conturbanti realmente accadute, in questo post
abbiamo deciso di raccontarne 3 nell’intento di ridargli un po’ di lustro, visti gli sgradevoli episodi di cui è stato teatro in questi ultimi giorni. Buona lettura ðŸ§
🔥1-Michele Zanche
💀2-I “Morti male”
👿3-Lu Traiggogiu
1 MICHELE ZANCHE
Cosa lega Dante Alighieri a Sassari Vecchio? Da appassionato di Divina Commedia un po' mi infastidisce sapere che nel momento in cui si spiegava in classe l’Inferno, non veniva specificato che uno dei personaggi Incontrati nel XXII Canto, immerso nella pece bollente, camminava da vivo per le strade della nostra Città. Michele Zanche: 1203-1275 Sassari ( non proprio uno stinco di santo o forse meglio definirlo gran figlioru di b.), barattiere, fu protagonista di una vicenda misteriosa e ad oggi irrisolta. Intorno alla meta del XVII secolo - quindi diversi secoli dopo la sua morte - un gruppo di frati Sassaresi, intenti a frugare in un archivio, rinvennero un’antica pergamena 📜 che per caratteristiche e scritture in codice, faceva intendere che li avrebbe condotti al ritrovamento di un tesoro…Un bottino che fino ad allora si pensava fosse soltanto frutto di leggende popolari.
Non vi erano dubbi, la mappa indicava inequivocabilmente un palazzo situato
in Corso Vittorio Emanuele all’altezza di Via Canopolo, la vecchia casa di Michele Zanche e si riferiva a dei vani sotterranei menzionando: scale a chiocciola, porte murate, grotte, gallerie lungo le quali sarebbe stata disseminata parte della sua eredità, fino ad arrivare alla camera finale dove sarebbero invece presenti “40 milioni in verghe d’oro”.
Verso la metà dell’800 la pergamena finì misteriosamente tra le mani di una società semi-segreta che - con grande coraggio viste le descrizioni riportate sulla mappa, che a tratti facevano intendere vi fosse quasi l’intento di illudere goliardicamente il lettore - diede il via agli scavi, che si svolsero in tre diverse fasi.
Secondo quanto riportato dal Costa, venne rinvenuta una scala a chiocciola in marmo rosso (quella di cui parla la pergamena) e durante la terza sessione di scavi, che avvenne dopo trent’anni dalla prima, vennero scoperte anche delle gallerie. Una di queste destò particolare curiosità poiché non potè essere esplorata
in quanto occlusa dal suo stesso soffitto crollato in passato.
I calcoli e le ricerche svolte in merito fecero pensare che la galleria conducesse a Monte Oro, e che la presenza del tesoro di Zanche fosse per cui l’origine stessa del toponimo; in riferimento a ciò Addis scrisse “…Sopra questa acclive collina, infatti, lussureggiante, oggi, e chiomata d'ulivi, ma in passato desolata e brulla, i neri cherubini, avvicendandovisi con diuturno studio, di vigile scolta preposti sarebbero stati ad un immenso, favoloso tesoro…“. Certo che si potrebbe pensare di organizzarci una di queste notti….
2 I MORTI MALE:
L’esposizione dei cadaveri appartenenti a chi morì nell’atto di commettere illegalità (sia per mano di altri criminali o delle forze dell’ordine) fu una pratica che ovviamente prese piede anche presso la nostra Sassari. Enrico Costa scrisse che la giustizia umana offriva ai fedeli e ai devoti cittadini, con l'intento benefico di educare la loro morale, “esempi salutari” attraverso spettacoli sanguinosi.
Prima della costruzione dei vicoli chiusi in corso Trinità, compreso il primo vicino alla chiesa noto come "La Biddazza", i corpi venivano allineati lungo un muro che saliva verso la chiesa stessa. Tuttavia, sembra che in passato questi cadaveri fossero esposti al di fuori delle mura del castello, approssimativamente dove si trova ora viale Umberto. Questi disgraziati, i cui resti erano trattati con disprezzo, erano chiamati dalla gente comune “MORTI MALE", un termine menzionato anche dal Costa nel sesto volume del suo lavoro su Sassari.
Quando si diffondeva la notizia dell'esposizione di nuovi cadaveri tra la popolazione, la gente accorreva in gran numero. Tuttavia, molti, spaventati ed emozionati, potevano svenire a causa della visione. Ciò nonostante, molte comari e streghe dell'epoca consigliavano queste visite agli ingenui e ai poveri ignoranti, sostenendo che assistere a tali scene poteva allontanare le numerose paure.
3 LU TRAIGGOGIU
«quando vedevamo dei poveri mendicanti per le vie del centro storico trascinare con sé una quantità enorme di stracci, barattoli e oggetti di vario genere. Guardavamo con timore questi individui e li chiamavamo "traiggogiu," ricordando con apprensione ciò che gli anziani ci avevano raccontato su questa figura spaventosa chiamata “diavolaccio.”» racconta Renato Pintus
Questo o parallelismo nasce infatti in riferimento a una figura mitologica dalla quale in tempi antichi, nostri antenati furono terrorizzati: lu "Traiggogiu" era un diavolo itinerante che percorreva le strade, emettendo un sinistro rumore che si credeva fosse un presagio di disgrazie imminenti o persino di morte per coloro che dichiaravano di averlo udito. Coloro che facevano questa affermazione vivevano nel terrore per il resto della loro vita, in attesa della morte che in effetti giungeva, talvolta anche dopo settant'anni di esistenza (Una specie di Samara Morgan più sadica praticamente).
Ma proprio in riferimento a quanto gli anziani della parte bassa del centro storico testimoniarono, Addis racconta
“tali genti erano del diavolo timorate non meno che di Dio, a sentir tutto quel bubbolo, che era voce non di solo vento, ma di catene trainanti a rovina, segnatesi in volto, dopo aver acceso il cero benedetto, aggricciando, sotto le coperte si raggricchiavano ed il Maligno, intanto, giù in strada, ecco, veniva ed andava, andava e veniva, e ad ogni porta accostandosi, subsannando, usciolava“
Grazie al lavoro di ricerca
svolta da Renato Pintus e
Alessandro Sirigu
Alessio Pintus